martedì 27 agosto 2013


 Le Vergini Suicide

Quando l'epilogo è già contenuto nel titolo di un libro, si presume che il testo non riservi molte sorprese. Allo stesso modo, se la storia riguarda la morte di cinque ragazze, inevitabilmente si affronterà la lettura con una certa predisposizione d'animo.
L' autore Jeffrey Eugenides, con discreta maestria, riesce ugualmente a cogliere l'attenzione del lettore, a creare l'attesa.
Le cinque sorelle Lisbon sono descritte sommariamente: ciascuna si distingue forse per un paio di caratteristiche fisiche o caratteriali, ma in realtà, il vero protagonista è il gruppo, l'unione di tutte loro. Un altro gruppo, questa volta di maschi, compagni di scuola delle giovani, costituisce la voce narrante del romanzo: costoro, volgendo lo sguardo al passato, vanno alla ricerca di una spiegazione plausibile di quanto successe all'epoca. La storia è ambientata in una non meglio precisata cittadina
americana, a ridosso di un lago, intorno agli anni settanta.
È la stessa casa dei Lisbon a delineare la parabola discendente di coloro che la abitano.
Unico elemento visibile (la vita che si conduce al suo interno è preclusa alla vista dei passanti e dei vicini), l'abitazione diviene il punto focale della storia. Attorno a questa dimora, della quale si descrive via via, e assai minuziosamente, lo sfacelo, si creano congetture di ogni tipo.
Qualcosa di simile viene raccontato nel romanzo di Harper Lee Il buio oltre la siepe: la casa è il solo anello di congiunzione fra chi vi vive segregato ed il resto del mondo; anche in questa circostanza vi è una stretta relazione fra il declino dell'immobile e l'infelice vita condotta al suo interno.
Il primo suicidio, quello di Cecilia, la più piccola, segna il punto di non ritorno: dopo di allora, la rispettabile famiglia Lisbon non sarà più la stessa.
Dopo l'iniziale, vano, tentativo di continuare a condurre una vita normale, tutti i membri della famiglia si arrenderanno, incluse le figlie, sebbene inizialmente più riluttanti.
Si intuisce facilmente quanto sia difficile, per le ragazzine, guadagnarsi uno scampolo di libertà, soprattutto rispetto a quella goduta, al tempo, dai maschi loro coetanei.
È invece difficile capire quanto la prigionia nella quale si riduce l'intera famiglia sia effettivamente consapevole e desiderata.
Se da una parte l'incuria devasta l'esterno della casa, dall'altra parte, al suo interno, questa si riempie di oggetti, all’inverosimile.
Tutto è permeato dalla presenza delle sorelle, costrette in angusti spazi: vestiti, prodotti di bellezza, terraglie, cibo, rifiuti, sembrano riprodursi senza posa, quasi a compensare, nell’abbondanza, la vita di chi la abita, che invece si svuota gradualmente di significato.
Tutti i tentativi di salvare Lux, Bonnie, Mary e Therese cadranno a vuoto, ed i ragazzi potranno solo continuare a fantasticare davanti alla porta di casa loro, che resterà costantemente chiusa, con le cortine abbassate.

Titolo: Le vergini suicide
Autore: Jeffrey Eugenides
Editore: Mondadori
Anno: 1994
Genere: Narrativa
Giudizio: Buono

lunedì 17 giugno 2013

Scorpione

RECENSIONE: Massimo Zaina (Friuli, 1964). Fa parte del contesto degli scrittori che vivono in prima persona i fatti e le situazioni narrate. L'autore ha vissuto per lunghi periodi all'estero, principalmente in Israele e Londra; rientrato in Italia, ha studiato Architettura all'Università di Venezia. Attualmente risiede e lavora a Madrid, città dalla quale ha tratto spunto per la raccolta di racconti “Lo scorpione”. E' autore di “Lightin' Hopkins alle sette”, “21 giorni”, “5° livello”, “Preferirei friggere pancetta piuttosto che svuotare e disincrostare la Jacuzzi”. Amante della letteratura americana, al momento sta scrivendo una nuova raccolta di racconti. “
Questo si legge sul risvolto di copertina della raccolta di racconti intitolata Lo Scorpione. L’influenza della letteratura americana è piuttosto marcata: a Bukowski, in particolare, è pure dedicata una citazione, riguardante il gentil sesso: “le donne hanno mandato sottoterra i migliori dei nostri.” I protagonisti di Una disgrazia dopo l’altra, Una puttana veniale, Silvana Mangano, Un lavoro come un altro bevono indifferentemente lattine di birra (in confezione da sei) o superalcolici, sono uomini dal frasario semplice, frequentemente intervallato da espressioni sboccate; e, manco a dirlo, apprezzano le belle donne (soprattutto quelle formose, che si lasciano osservare dal dirimpettaio, senza vergogna, mentre si fanno la doccia). Individui privi di particolari interessi, che, insoddisfatti, svolgono un banale lavoro; soggetti che si potrebbero definire, senza tanti indugi, come degli “antieroi”. Personaggi molto simili a quelli descritti da Raymond Carver, autore che fu tra i primi a raccontare la disperazione di certa gente, quella che non appartiene all’immagine patinata dell’America. ma che deve cercare di sopravvivere all’alcool, ai conti di fine mese, ad una magra esistenza.
Un paio di “eroi”, tuttavia, nelle storie di Zaina, riusciamo ad incontrarli: si pensi, ad esempio, a 5° livello, o al già citato Una disgrazia dopo l’altra. L’autore, in ogni modo, preferisce descrivere persone non dotate di particolare coraggio, che, più semplicemente, si trovano a dover affrontare delle situazioni-limite; grazie ad un po’ di fortuna (e cervello), questi usciranno indenni dal disastro imminente. Una comune caratteristica dei personaggi di Zaina è la loro assoluta “normalità”: si tratta per lo più di persone consce dei propri limiti, che, in alcuni casi, cercano solo di sbarcare il lunario, ed in altri, trovano rifugio in una seconda identità, per dimenticare lo squallore della vita quotidiana, come succede in L’uomo che sembrava Clint Eastwood. Lo scrittore non smentisce il suo stile minimalista neppure nella descrizione di veri e propri crimini: rapido e incisivo, non lascia molto spazio alle proprie emozioni, limitandosi alla pura e semplice rappresentazione.
L’autore, nei suoi scritti, non sembra inoltre dare particolare risalto alle esponenti del sesso femminile: esse, solitamente, si distinguono per le loro forme abbondanti ed una capacità intellettiva inversamente proporzionale. Fatta eccezione per Impantanata, toccante racconto dedicato ad un’amica ormai scomparsa, le donne fanno semplicemente da sfondo a delle vicende che si traducono tutte al maschile: vicende ambientate in parte in Spagna ed in parte nel Friuli.
All’afa opprimente dell’Estramadura, che può scatenare istinti omicidi e a cui si può far fronte solo bevendo della birra ghiacciata (Impianto chimico Valdecavalleros), fa da contrappeso l’alba livida del nord est italiano, che tutti i giocatori d’azzardo conoscono (Lo scorpione, L’alba): in ogni caso, Zaina non fa sconti per nessuno. Per chi sbaglia, il prezzo da pagare è sempre molto alto.
Levitai silenziosamente, quasi sospeso ad una decina di metri dal suolo, in pace con me stesso. Lontano vedevo le luci della frontiera con Gorizia e ancora più dietro l’alba. Ripensai a mia madre e mi chiesi se la luce dell’alba l’avrebbe incontrata nell’orto, china sulle sue melanzane coperte dalla rugiada del mattino.”.
 
Titolo originale: Lo scorpione
Autore: Zaina Massimo
Editore: Ibiskos Editrice
Anno della prima pubblicazione: 2004
Genere: Narrativa
Giudizio: Buono

domenica 3 marzo 2013

Bergen

.. il nemico è scappato è vinto è battuto
dietro la collina non c'è più nessuno
solo aghi di pino e silenzio e funghi ...
(F. De Gregori - Generale)

Bergen è una piccola città vicino ad Hannover. La segnaletica che conduce al campo di concentramento dove morì - fra gli altri - Anna Frank, é imprecisa e quasi assente.
Non esiste una biglietteria (questa non è un'attrazione turistica), solo una sala che raccoglie fotografie d'archivio, e documenti.
Al sito vero e proprio si giunge attraverso un breve tragitto; in totale, sono circa cinquantacinque ettari di terreno.
I miei occhi si posano su di un grande prato (secondo le note esplicative, in origine questa era la "main street" del campo, che aveva la funzione di suddividerlo in due aree ben distinte).
Un sentiero si snoda lungo tutto il perimetro dell'area; dietro un cespuglio si trovano i ruderi dei bagni, solitamente la prima tappa dei deportati.
Là dove nel 1945 sorgevano i depositi e gli uffici amministrativi, là dove si trovavano le baracche dei prigionieri, ora ci sono solo alberi.
Niente altro.
Più decentrati, l'obelisco dedicato agli ebrei, e le fosse comuni.
E poi il verde, una leggera brezza, il canto degli uccelli.
Terminata la visita, nel piazzale antistante l'ingresso, incrocio una comitiva di anziani turisti che è arrivata da poco. Fra questi, molti cominciano a scattare le prime fotografie, quasi freneticamente.

Rimarranno delusi, come é giusto che sia.